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Un gesto irrimediabile. Una lettera di spietata lucidità, indignazione, protesta e accusa: «Il futuro sarà un disastro a cui non voglio assistere, e nemmeno partecipare». Inizia da qui, dalla lettera di Michele, il diario di Roberto Valentini. Diario di una sofferenza senza fine, insanabile e tuttavia irrinunciabile, poiché è anima e carne della memoria, sua condizione e fondamento. La memoria che si fa parola è l'unica possibilità di mantenere vivo il dialogo, la tenerezza e l'abbraccio, di far riemergere dall'abisso il sorriso, il lampo degli occhi, la confidenza dei gesti, la complicità. Ma ogni giorno deve lottare con il rodìo delle domande senza risposta, col vuoto terribile dell'assenza, con la pena amara di cercare giustificazioni. E si chiamano in soccorso i libri, gli amati libri, si cercano parole che possano almeno far intuire un senso, una ragione, per un mondo che non ha più senso. Una luce, una possibilità di simpatia, viene dall'impegno dei giovani con i quali sicuramente sarebbe stato solidale il figlio. E il figlio che se n'è andato può tornare: torna per abitare i sogni del padre, si fa sentire con benevolenza. Michele, chino sullo stesso foglio, scrive la stessa poesia che scrive Roberto e continua a vivere nella sua sofferta parola.